Non chiamateli consumatori! Sono esseri umani. 

Mauro Porcini è Chief Design Officer di PepsiCo. Ha pubblicato due libri sul tema del design e sul ruolo del designer nella costruzione di una società più felice e sostenibile. Condividiamo qui di seguito un estratto dell’ultimo lavoro, “The human side of innovation. The power of people in love with people”, sull’importanza delle parole e su come queste diano forma alla nostra mentalità. Trovate il testo originale in inglese sul profilo LinkedIn di Porcini. 

Non mi piace la parola “consumatore” come viene usata oggi nel mondo degli affari. È un termine che trovo alienante, al punto da mancare di rispetto alla nostra natura umana. La mia particolare avversione per questa parola deriva da due ragioni principali. 

Innanzitutto, chiamando gli esseri umani “consumatori” si corre il rischio di privarli della loro umanità, finendo per vederli semplicemente come entità commerciali a cui si vende un prodotto, per farglielo consumare a scopo di lucro. Chiamereste mai vostra figlia, vostro figlio, vostra moglie, vostro marito o i vostri genitori consumatori? Io non lo farei. Non è una brutta parola? Non è riduttiva? L’immagine di mia figlia come un piccolo essere che consuma mi disturba. La parola ci appiattisce su un’unica dimensione, quella di esseri che non fanno altro che comprare e consumare. Non voglio essere visto come consumatore Mi piacerebbe molto essere visto come un essere che vive, si diverte, soffre, sogna, inventa, comunica, viaggia e crea. Siamo esseri umani, non esseri che consumano. 

L’immagine di mia figlia come un piccolo essere che consuma mi disturba. 

La seconda ragione per cui ho sviluppato una così forte intolleranza per questo termine è che viviamo in una società in cui le risorse disponibili sono sempre più scarse, l’atto di consumare queste risorse deve essere limitato e responsabile e l’uso e il riutilizzo intelligente di queste risorse dovrebbe essere il nostro mantra quotidiano. L’essere umano viene etichettato come consumatore (di queste risorse) e trasmette un messaggio diametralmente opposto agli obiettivi di tutti gli innovatori, gli imprenditori, i designer, i ricercatori e gli operatori di mercato del mondo. “Utente” è un termine molto più dignitoso, perché si concentra su una persona che utilizza un prodotto o un servizio e ne trae beneficio. 

Un innovatore che vede le persone come consumatori dà priorità a tutti gli strumenti possibili e immaginabili per vendere loro qualcosa e fargliela consumare. Al contrario, un innovatore che vede le persone come utenti si concentra sulla creazione di un valore funzionale ed emotivo positivo. Infine, l’innovatore che vede le persone semplicemente come esseri umani darà la priorità alla loro felicità e tutto graviterà intorno a questo unico obiettivo. 

La human-centricity consiste nel capire le persone per costruire un valore reale nella loro vita. 

La consumer-centricity consiste nel capire le persone per vendere loro qualcosa. La human-centricity consiste nel capire le persone per costruire un valore reale nella loro vita. Il primo approccio vede un buon prodotto come una delle tante leve per generare crescita aziendale. Il secondo vede un buon prodotto principalmente come un motore per migliorare la vita delle persone. 

Voglio progettare per gli esseri umani. Questi esseri umani acquisteranno, consumeranno e utilizzeranno. Ma queste saranno dimensioni, conseguenze, risultati, non parole chiave con cui ridurre o definire questi esseri umani. Soprattutto, voglio creare soluzioni che mirino a portare gioia agli esseri umani, che li intrattengano, forniscano sicurezza, semplifichino la loro vita, li connettano, li aiutino a rilassarsi, li rendano felici. 

Esistono altri termini che hanno una funzione simile. Mi ha sempre affascinato, ad esempio, il modo in cui il rivenditore statunitense Target chiama i suoi clienti “ospiti”. Per molti queste persone sono semplici consumatori; per la catena di Minneapolis sono ospiti sacri, accolti in casa propria e trattati con cura, attenzione, empatia e rispetto. In questo libro ho cercato di evitare il più possibile il termine “consumatore”; nelle rare occasioni in cui lo uso, è sempre in un contesto strettamente commerciale. Nel corso della mia vita, ho sempre cercato di limitare l’uso di questa parola, relegandola a quelle situazioni in cui avevo bisogno che un determinato pubblico comprendesse intuitivamente i miei messaggi, senza rischiare potenziali fraintendimenti. In questi casi, purtroppo, ho dovuto usare il termine e lo farò in futuro. Ma in tutte le altre occasioni, la persona per la quale progettiamo e innoviamo è e rimarrà solo e semplicemente un essere umano.