Storia naturale del Facility Management

Compito del Facility Management è occuparsi di tutte le attività che non fanno parte del core business di un’azienda ma sono comunque necessarie al mantenimento delle strutture dove e tramite le quali si svolgono le attività di creazione di valore. Due esempi di attività tipiche di cui il Facility Management si occupa, e che esemplificano l’ampiezza degli ambiti in cui opera, sono la manutenzione e le pulizie – così come la cura del verde, i servizi di reception e sicurezza, la logistica interna e così via.
Ripercorrere le vicende che hanno portato alla sua nascita può essere utile per comprendere davvero il valore aggiunto – a volte decisivo, come vedremo – che il Facility Management porta a un’azienda.
Quando nasce il Facility Management
La storia del Facility Management comincia negli anni ‘80 negli Stati Uniti. Il panorama economico è dominato dalle big corporation. Questi giganteschi agglomerati aziendali sono il risultato della crescita economica ininterrotta che parte dal dopoguerra e che arriva agli anni ‘80 dopo aver superato le crisi petrolifere degli anni ‘70 e le incertezze e l’instabilità della Guerra Fredda.
Le dimensioni, in termini di fatturato, struttura e numero di dipendenti generano nel management la consapevolezza che le grandi società che dirigono siano invulnerabili, immuni a qualsiasi minaccia esterna che possa presentarsi sul mercato. Questa consapevolezza si rivela illusoria. Negli anni ‘80 si diffondono due fenomeni che mettono in crisi le maggiori aziende proprio a causa delle dimensioni di queste, e rendono necessario un ripensamento profondo della loro organizzazione.
Concorrenza giapponese e domanda frammentata
Il primo fenomeno è la concorrenza dei prodotti giapponesi, specialmente in campo tecnologico. Il modello del just in time introdotto nelle linee produttive Toyota comincia a fare scuola al di fuori del settore automobilistico e negli anni ‘80 dimostra i limiti delle aziende americane nella flessibilità e nell’efficienza dei sistemi produttivi.
Insieme alla concorrenza giapponese un altro cambiamento che minaccia le grandi aziende degli Stati Uniti è l’evoluzione che nel tempo sta vivendo il mercato lato consumatori; evoluzione partita negli anni ‘60 e che negli anni ‘80 raggiunge un livello critico per le strutture aziendali che dominano la scena. I consumatori si fanno sempre più esigenti. L’entusiasmo consumistico di massa che ha accolto le novità tecnologiche, alimentari e nei beni di consumo più diffusi nel ventennio dagli anni ‘50 agli anni ‘70 ha lasciato sempre più il posto a scelte di consumo attente, sofisticate, personali.
Le corporation americane sono pachidermi che controllano la catena di produzione in tutte le fasi. Questo, se da una parte consente un controllo della filiera e dei prezzi, dall’altra si riflette in una struttura organizzativa e gestionale molto ingessata e, alla fine, poco efficiente. Inoltre in questa nuova fase non sono più le aziende a imporre i propri prodotti al mercato, ma sono i consumatori – anzi, le nicchie di consumatori – che chiedono alle aziende di rispondere ai loro bisogni inediti e specifici.
Massima flessibilità (e occhio alle nicchie)
Per far fronte a questa doppia minaccia le Big Corp americane reagiscono attivandosi su due fronti, e dando inizio così a due grandi cambiamenti nell’ambito dell’economia aziendale. La prima reazione segna la nascita del marketing moderno, che non si esaurisce più nella pubblicità ma comincia a studiare le esigenze dei diversi gruppi di consumatori per individuare con sempre maggiore definizione le nicchie di mercato alle quali rivolgersi. La seconda reazione che le aziende attivano è quella che porta alla nascita della disciplina che oggi chiamiamo Facility Management.
Il management si rende conto che l’esigenza vitale è alleggerire i costi di struttura per dedicare risorse fresche all’analisi del mercato e allo sviluppo di nuovi e più azzeccati prodotti e servizi. Così nelle aziende si diffonde la pratica di dedicare un reparto specifico alla gestione di tutte le attività collaterali a quello che è il business principale. Sono questi reparti interni alle aziende il primo nucleo del Facility Management. L’obiettivo è ottimizzare la gestione e i relativi costi raggruppando in un’unica divisione operativa tutte le attività che finora sono sparse e frammentate all’interno delle diverse divisioni e sedi aziendali – frammentazione causa di notevole inefficienza.
Da divisioni interne a spin-off ad aziende autonome
Queste nuove divisioni interne alle aziende portano nel tempo alla nascita di professionalità specifiche. Sono profili professionali che uniscono skill gestionali, tecniche, organizzative e relazionali e che prenderanno il nome di Facility Manager. E con la crescita professionale, la specializzazione e la strutturazione di realtà gestionali sempre più di alto livello, assistiamo ai primi spin-off: divisioni di Facility Management prima interne ad aziende più grandi diventano ora aziende vere e proprie.
In un primo momento si tratta di realtà controllate dall’azienda madre e che hanno nella stessa azienda madre il loro unico cliente; successivamente cominciano a fornire i propri servizi anche ad aziende terze. Così il Facility Management si evolve fino a diventare un settore autonomo con un suo peculiare valore aggiunto e nascono e si sviluppano realtà imprenditoriali che offrono i loro servizi direttamente sul mercato.
Il Facility Management in un mercato maturo
Il Facility Management nasce quindi come risposta che le grandi corporation americane mettono in campo per far fronte alle mutate condizioni del mercato, dal lato della concorrenza e dal lato dei consumatori. Dopo un’evoluzione naturale della disciplina arriviamo così alla situazione odierna in cui le aziende di Facility Management si confrontano commercialmente fra di loro senza alcun legame diretto con aziende madri alle quali rivolgersi in modo esclusivo. Così anche in Italia, dove il Facility Management è una disciplina di importazione, in un certo senso, che ha attecchito su un terreno fertile caratterizzato da realtà cooperative specializzate soprattutto nelle pulizie.
E anche in Italia il mercato è ormai maturo, e le maggiori realtà del settore si strutturano al loro interno in divisioni operative in base sia ad ambiti di intervento (retail, industriale, uffici, hotellerie eccetera) che di tipologia di servizi messi in campo (più tecnici, rivolti alle strutture e al loro buon funzionamento – hard services – o più rivolti alle persone e al benessere lavorativo – soft services). Da qualche anno la digitalizzatone ha ovviamente fatto il suo ingresso anche nel mondo del Facility Management fornendo strumenti utili e ormai imprescindibili per rendere efficiente la gestione – e rendendo diffusa l’espressione Digital Facility Management.
Dal Facility Management al Workplace Making
Se ormai già da anni il Facility Management è una disciplina ben strutturata e ben definiti sono gli ambiti in cui opera, il settore si sta evolvendo verso una situazione in cui i suoi ormai accademici confini non contengono più tutto quello che succede intorno e dentro la gestione dei luoghi di lavoro. Questa nuova disciplina che si occupa di un ambito allargato e che coinvolge professionalità, competenze e addirittura aziende di settori diversi dal Facility Management noi lo chiamiamo Workplace Making.
Nel Workplace Making operano aziende specializzate nel segmento B2B, e che fanno qualsiasi attività che participi alla creazione di un luogo di lavoro, in ogni fase del suo percorso. Quindi parliamo di aziende che si occupano di progettazione e riqualificazione edilizia, energetica e impiantistica; così come di aziende specializzate nei servizi all’edificio e alla persona tipici del Facility Management classico.
Tutte queste attività hanno in comune un obiettivo figlio dei tempi in cui viviamo: creare il miglior luogo di lavoro possibile sia in termini di efficienza e risultati sia in termini di comfort per chi in quei luoghi lavora e di riduzione dell’impatto ambientale. Come il Facility Management è stata la risposta che le aziende hanno dato negli anni ‘80 a una crisi di mercato il Workplace Making deve essere la risposta a una crisi che non è più solo economica e commerciale, ma anche ambientale e sociale. È la sfida di questa generazione di CEO, manager e aziende: tenere insieme le performance economiche, il benessere delle persone, la tutela dell’ambiente. Nel bene e nel male ne abbiamo fatta di strada dagli anni ‘80.
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